mercoledì, settembre 27, 2006

Le ipotesi per l'Irpef: 40 euro in più ogni mille di reddito

Commercialista Olbia Un rincaro di 40 o 50 euro ogni mille in più di reddito imponibile: è questo il possibile effetto di un ritocco alla platea dei contribuenti Irpef soggetti all'aliquota massima.Se si deciderà — come si è detto in questi giorni —di far partire dai 70mila euro annui la percentuale massima di prelievo, questa parte di redditi si troverà a pagare 4 punti in più, come si vede dalla tabella.
Le simulazioni sono stateeffettuate considerando un lavoratore dipendente senza familiari a carico e confrontando il prelievo attuale con quello che deriverebbe dalla nuova aliquota.

Non sono invece state modificate le altre aliquote in vigore (23%fino a 26mila euro, 33% fino a 33.500, 39% oltre questa soglia) né le deduzioni «no tax area». Presentiamo inoltre una seconda simulazione ottenuta applicando un'aliquota massima del 44%, in luogo dell'attuale 43% riservato a chi supera 100mila euro: in questo caso, si ha un rincaro progressivo anche per gli imponibili maggiori, in ragione di 10 euro ogni 1.000 di reddito (l'1%, appunto).

2 commenti:

Finanzas Forex ha detto...

Le ipotesi per l'Irpef: 40 euro in più ogni mille di reddito Si trasforma in un giallo la nascita di un nuovo ente previdenziale unico, denominato Inpu.

Prevista da una bozza della Finanziaria, messa a punto nei giorni scorsi dai tecnici del Governo e circolata ieri, la fusione in un solo mega-Istituto di Inps, Inpdap, Ipost, Enpals e una parte dell’Ipsema (l’altra sarebbe dovuta confluire nell’Inail) nel pomeriggio è stata definita «priva di fondamento» dal ministro del Lavoro, Cesare Damiano. Una smentita arrivata subito dopo la secca bocciatura dei sindacati e pochi minuti prima che il ministero dell’Economia definisse «la bozza in circolazione superata e inattendibile». Per altro la stessa bozza prevede una ipotesi alternativa per ottenere risparmi nel 2007 dagli enti previdenziali: abolizione dei comitati centrali e periferici dell’Inps e dei comitati di vigilanza dell’Inpdap.
Ed è proprio questa la misura che, con tutta probabilità, sarà inserita nella Finanziaria. Ma non è affatto chiusa la partita sulla creazione dell’Inpu, che sarebbe chiamato ad assicurare non più soltanto i lavoratori dipendenti privati e gli autonomi ma anche gli "statali", i calciatori, gli attori e i marittimi. La questione, partendo dall’opzione della sola fusione di Inps e Inpdap, sarà affrontata al tavolo con le parti sociali sui ritocchi allo "scalone" per le uscite pensionistiche della legge Maroni-Tremonti. Tavolo che entrerà nel vivo a partire da gennaio del 2007.
L’ipotesi di intesa
A sancire l’avvio del negoziato potrebbe essere un memorandum d’intesa per completare il processo di riforma delle pensioni, che dovrebbe essere concordato oggi da Governo e sindacati. Se ne è parlato anche nell’incontro notturno a Palazzo Chigi tra i ministri e i segretari di Cgil, Cisl e Uil insieme al tema dei fondi per i contratti pubblici: il Governo sarebbe disponibile ad aumentare la dote prevista di un miliardo (i sindacati ne chiedono 4).
Quattro sarebbero gli obiettivi fissati nel memorandum tenendo in particolare conto l’evoluzione del quadro demografico ed economico: sostenibilità finanziaria dei conti previdenziali; miglioramento delle prospettive per i giovani; maggiore equità sociale; corresponsione di pensioni di importo adeguato. Previsto anche il rilancio della previdenza complementare e l’abolizione del divieto di cumulo. Nel testo c’è l’impegno a discutere da gennaio le modalità di aggiornamento della "Dini". L’intesa deve essere raggiunta entro marzo.
Il nodo Inpu
L’ipotesi di creare un grande ente previdenziale, facendo leva su un traghettamento gestito da un commissario e due vice-commissari, è tutt’altro che accantonata. I ministri Damiano e Nicolais ci lavorano da diversi mesi. Il progetto di partenza prevedeva la sola fusione di Inps e Inpdap mentre il convogliamento nell’Inpu di Enpals, Ipost, e parte dell’Ipsema era considerata una variabile. La questione sarà portata al tavolo con i sindacati. Ma non entrerà in Finanziaria. «Il riordino degli enti previdenziali, per la rilevanza della materia trattata e il gran numero dei lavoratori e pensionati interessati, richiede un confronto approfondito con le forze sociali», si è affrettato a chiarire Damiano. I sindacati, del resto, sono subito scesi sul piede di guerra. Per la Cgil il progetto è «frutto solo dell’improvvisazione e, forse, di qualche particolare interesse». Secco no da Cisl e Uil. E anche dall’Ugl, contraria all’ennesimo carrozzone statale. Critiche anche dall’opposizione e dalla stessa maggioranza con Adriano Musi, presidente dei Repubblicani europei (Ulivo), che punta il dito contro un accorpamento «privo di un razionale progetto strategico».

Finanzas Forex ha detto...

Dpef 2007-2011: dal risanamento alla crescita Crescita del Pil in contenuto rialzo nel 2006 all'1,5%, dalla precedente stima dell'1,3%, ma con una probabile nuova decelerazione all'1,2% il prossimo anno, per poi risalire verso l'1,7% nel 2010; inflazione programmata al 2%; deficit pubblico in calo da circa il 4% attuale al 2,8% del Pil nel 2007, con una manovra correttiva da 35 miliardi di euro - tra riduzione del disavanzo e misure di sviluppo - in linea con i parametri del Patto di stabilità europeo, grazie all'avanzo primario che dovrebbe essere riportato dallo 0,5% al 2,1%, per arrivare al 4,9% entro il 2011; debito sotto il 100% alla fine del periodo, dopo la risalita dal 103,8% (minimo toccato nel 2004) al 107,7% negli ultimi due anni.

Sono questi i principali obiettivi di sviluppo e di risanamento del bilancio pubblico contenuti nel Documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef) 2007-2011, approvato dal Governo e presentato all'Unione europea, con orizzonte temporale di competenza che si estende a tutto il quinquennio della legislatura.

La preparazione del Dpef si è rivelata quest'anno più difficile e sofferta del previsto. Le prospettive della finanza pubblica continuano a destare forti preoccupazioni: il deficit è in crescita rispetto alle attese e il debito ha ripreso ad aumentare più velocemente del Pil. L'azzeramento dell'avanzo primario di bilancio e l'accelerazione della dinamica del debito pubblico, dopo un decennio di progressiva discesa, sono i due elementi che rendono molto simile l'attuale situazione a quella del 1992, quando l'Italia fu alle soglie di una grave crisi finanziaria, come ha di recente sottolineato il nuovo ministro dell'Economia e delle Finanze, Tommaso Padoa-Schioppa. Ciò richiede robuste correzioni dei conti nei prossimi due-tre anni, tali da ricostituire un surplus primario sufficiente a garantire la sostenibilità del bilancio pubblico e la riduzione del debito. Sono necessarie, pertanto, misure correttive strutturali, abbandonando così le politiche di interventi una tantum, che hanno finora portato benefici temporanei. Anche la mancata crescita della nostra economia negli ultimi cinque anni, con relativa perdita di posizioni nei confronti dei partner europei, è soprattutto la conseguenza di ritardi strutturali, che si manifestano nella crisi di competitività delle imprese e di produttività dei fattori (lavoro, tecnologie, infrastrutture).

Migliora la congiuntura, dal ristagno alla ripresa ciclica

Nella prima metà del 2006 l'economia italiana si è parzialmente agganciata alla ripresa internazionale, mostrando un ritmo di crescita che si è riavvicinato in misura significativa a quello medio dell'area euro (+2%), pur restando inferiore di circa mezzo punto percentuale in termini di dinamica annua. L'accelerazione dell'attività produttiva, seguita alla frenata di fine 2005, ha risentito della spinta dell'industria manifatturiera, favorita dal buon andamento delle esportazioni, ma anche delle componenti interne della domanda, a cominciare dagli investimenti. I segnali provenienti dalle inchieste congiunturali e dagli indicatori anticipatori, così come dal clima di fiducia e dagli ordini affluiti alle imprese, preannunciano una positiva evoluzione anche nella seconda parte dell'anno, grazie al recupero in atto nella produzione industriale, accompagnato dalla ritrovata vivacità di importanti settori dei servizi.

La fase di ripresa ciclica dell'inizio 2006 rispecchia principalmente la sensibile crescita della domanda mondiale, con i suoi benefici effetti sulle esportazioni italiane. Ma i problemi strutturali della nostra economia continuano a incombere e fanno sentire il loro peso sulle prospettive di tenuta congiunturale nel medio termine, quando si manifesteranno in pieno le conseguenze del caro petrolio, del nuovo apprezzamento dell'euro e della politica monetaria più restrittiva della Banca centrale europea nell'orizzonte del 2007. L'andamento del Pil nel primo semestre 2006 dovrebbe portare a un aumento medio annuo intorno all'1,5%, senza tenere conto del calendario lavorativo meno favorevole, con qualche rischio verso il basso della crescita legato al prezzo del petrolio e al livello del cambio. Questo scenario si basa essenzialmente sul contributo della domanda interna, mentre l'apporto delle esportazioni nette, pur tornando positivo, è stimato poco rilevante.

Conti pubblici, risanamento e manovre correttive

Dalla dinamica del Pil si passa così a quella dei saldi di bilancio, risultato della tendenza spontanea dei conti pubblici, su cui vanno a incidere le misure correttive previste dalla Legge finanziaria. La differenza tra la stima del deficit (3,8%) indicata nella Relazione trimestrale di cassa di inizio aprile e l'andamento effettivo (4,1-4,6%) ha richiesto un'ulteriore correzione dei conti nell'anno in corso. Senza tempestivi interventi, occorrerebbe infatti concentrare l'intero aggiustamento nel 2007 o, in alternativa, spalmare la manovra sul successivo biennio, così da rientrare sotto il 3% nel 2008 e non più nel prossimo anno. Dopo il 4,1% nel rapporto deficit/Pil stimato dall'Unione europea nella previsioni di primavera, presentate in maggio, la commissione di esperti, insediata dal ministro dell'Economia Padoa-Schioppa e presieduta da Riccardo Faini, ha delineato uno scenario più allarmante sullo stato dei conti pubblici italiani, indicando un disavanzo per il 2006 che potrebbe arrivare al 4,6% del Pil per i rischi su attuazione ed efficacia della Legge finanziaria.

Lo scostamento rilevante rispetto alla Trimestrale di cassa e all'ultima Finanziaria ha, dunque, richiesto una manovra correttiva bis per un importo di 7 miliardi, che si affianca al Dpef 2007-2011, presentato come programma "di legislatura", orientato al rigore finanziario e al ritorno allo sviluppo, da sostenere con azioni di rilancio della crescita e conti pubblici in equilibrio. L'impegno concordato in sede europea prevede una correzione strutturale netta entro il 2007 pari ad almeno due punti di Pil (più un altro punto come misure di sviluppo), equivalenti in totale a 35 miliardi, al fine di riportare il deficit sotto il 3% entro il prossimo anno. Dal 2008 in poi si dovrebbe proseguire con un ulteriore taglio dello 0,7% per ciascun anno, in modo da avvicinare il pareggio del bilancio nell'arco del quinquennio di competenza. La priorità è di riportare in tempi brevi l'avanzo primario sopra il 3% del Pil, condizione perché il debito torni a scendere in modo stabile e duraturo. Il problema cruciale sta, infatti, a monte del deficit: è il debito pubblico, stimato alla fine del 2006 a quasi il 108% del Pil, secondo aumento annuale consecutivo, con il rischio di salire ancora. Da questa evoluzione dipende l'affidabilità dei titoli di Stato italiani, a cui guardano le agenzie di rating e i mercati finanziari internazionali.

Dal Dpef alla Legge finanziaria

Il Documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef) per gli anni 2007-2011, presentato dal ministro dell'Economia e approvato dal Governo, contiene le linee guida (programmatiche) della politica economica a medio termine, affiancandosi agli altri documenti ufficiali governativi, a cura del ministero dell'Economia e delle Finanze, dell'Istat e dell'Isae, che illustrano invece, attraverso statistiche e analisi, la situazione economica del Paese. Dopo le descrizioni, il Governo indica, dunque, anche gli impegni politici da tradurre in atti concreti nella Legge finanziaria per l'anno successivo (il 2007), essendo quest'ultima la parte del Dpef formalmente vincolante per l'azione futura.

Le legge istitutiva del Dpef(la 362) risale al 1988 e ne prevedeva la scadenza di presentazione il 15 maggio di ogni anno, insieme all'orizzonte triennale di competenza. Nel 1999 una successiva legge (la 208) ne ha spostato il termine al 30 giugno, allungandone la durata a quattro anni. La scadenza di legge non è stata, peraltro, quasi mai rispettata, anche a causa delle coincidenze elettorali o delle crisi di governo, con il relativo cambio di guida nella politica economica. Unica rilevante eccezione il 1998, quando il Dpef ha visto la luce a metà aprile; ma era in gioco, allora, l'ingresso nell'euro, con la decisione di ammissione dell'Italia alla moneta unica, prevista all'inizio di maggio.

Il Documento di programmazione è, in particolare, un'anteprima della Finanziaria, che illustra l'evoluzione dei conti pubblici per il prossimo quadriennio, delinea gli interventi correttivi sui principali aggregati di entrata e di spesa nel periodo, individua le grandi riforme da attuare nel corso della legislatura. I temi di breve periodo in altre parole, come l'andamento della congiuntura economica e gli equilibri della finanza pubblica, sono inseriti in una prospettiva di medio e lungo termine.