martedì, gennaio 16, 2007

Lo sfogo di Visco: basta tasse o andiamo a casa Commercialista Olbia


Commercialista Olbia Soldi non ce ne sono. E non conviene insistere». E’ un Visco sereno ma anche molto determinato quello che si presenta a metà mattina all’incontro con i capigruppo della maggioranza della Camera per gli emendamenti alla Finanziaria. «Ci stiamo arrampicando sugli specchi, abbiamo superato il limite, abbiamo dato fondo a tutto» si sfoga il viceministro dell’Economia che ha subito chiuso la porta ad ogni richiesta di revisione delle aliquote Irpef. «Non si toccano» ha spiegato.

Un messaggio secco, rivolto a interlocutori (come i capigruppo di Rifondazione Gennaro Migliore, del Pdci Pino Sgobio o dei Verdi Angelo Bonelli) che nelle ultime 48 ore erano tornati più volte alla carica. Chi con la proposta di un’aliquota del 47% sopra i 150 mila euro e di reddito, chi proponendo un prelievo del 45% sopra quota 100mila e ridisegnando a cascata tutta la curva del prelievo fiscale. Per motivi politici e-vi-den-ti - ha sillabato Visco - le tasse non si posso aumentare oltre: modificare le aliquote sarebbe un grave errore».

E poi ha aggiunto: «Abbiamo fatto una manovra micidiale, cercando di proteggere chi ha più bisogno. La maggioranza ne è consapevole? Se continuate così ce ne andiamo a casa tutti». Nel silenzio quasi generale solo Migliore ha azzardato una replica: «Ma non si può essere contrari e dirlo apertamente?». «Sì - gli ha replicato Visco - ma se facciamo una comunicazione sbagliata non è che ce ne andiamo a casa noi, ci mandano a casa gli elettori…».

Partita chiusa? Si direbbe di sì, anche se per tutta la giornata sono continuati i parlottii ed i malumori tra i parlamentari della maggioranza che in serata sono tornati a riunirsi. L’intesa raggiunta ieri mattina dai capigruppo è la fotocopia esatta di quella che ha portato al varo del decreto fiscale: tutti gli argomenti politicamente rilevanti su cui non c’è l’accordo di tutta l’Unione vengono accantonati. Ed ora si comincia dall’Irpef. Per il capogruppo dell’Ulivo Dario Franceschini era necessario rinunciare a molti emendamenti dei vari partiti e definire solo i nodi principali, per rendere il cammino della manovra più agile. E soprattutto cercare di evitare di ricorrere al voto di fiducia. «L’aliquota del 45% non è mai stata una nostra bandiera - spiega Marina Sereni dei Ds - ma solo uno strumento per finanziare provvedimenti importanti.

Se ci sono alternative meglio così». Ed in effetti, anche senza modificare la curva Irpef, tutte le sue richieste (come quelle di Migliore, che a fine giornata si dichiara comunque «soddisfatto») sono state accolte: dagli sgravi per gli over 75 all’estensione dei benefici fiscali ai redditi sino a 40 mila euro, a quelli a favore dei singles. Altre modifiche potrebbero vedere la luce entro giovedì giorno in cui la maggioranza conta di imprimere lo sprint finale alla manovra. L’obiettivo del relatore di maggioranza Michele Ventura è quello di chiudere i lavori in commissione Bilancio entro venerdì notte.

La preoccupazione del governo, espressa al vertice di ieri dal ministro per i Rapporti col Parlamento Vannino Chiti, è quella invece di trovare rimedio a temi come apprendisti, sicurezza, maternità dei precari, ricerca e università. Ovvero le ultime «priorità» ancora da affrontare dopo che ieri sono state sistemate le caselle degli enti locali e degli over 75. In serata un nuovo incontro di maggioranza, però, ha già riaperto il capitolo bolli auto dopo che nella riunione della mattina i capigruppo dato l’ok di massima a Visco per sostituire la tassa sui Suv con un rincaro dei bolli sopra i 100 Kw di potenza. «Quello del governo è un emendamento aperto al dibattito parlamentare - ha spiegato il sottosegretario all’Economia Alfiero Grandi -. Non è un superbollo ma una proposta basata sul “chi più inquina più paga”». Si può correggere, ma il gettito non deve cambiare perché serve a migliorare gli sgravi Irpef fino a 40mila euro, per le famiglie monoparentali e gli anziani. Forse si «caricherà» di più sulle auto più potenti, alzando la soglia a 120 kw, anche perché il governo teme l’effetto rimbalzo sui titoli dei giornali: la notizia della decisione, diceva ieri qualcuno «è uscita stamattina, quando nemmeno era stata ancora presa».

Ma come dice il presidente della Confindustria e della Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, «ce n’è una ogni ora. Aspetto che si capisca qualcosa».

Riforme, l’Europa inguaia Prodi Commercialista Olbia


Commercialista Olbia Roma - «Prodi e Padoa-Schioppa sanno che devono andare avanti sulle pensioni». Fra una celebrazione e l’altra per l’addio al tallero e l’arrivo dell’euro in Slovenia, il commissario Ue all’economia Joaquin Almunia trova il tempo per inviare un messaggio a Roma. La riforma del sistema pensionistico «è una delle principali sfide che il governo italiano deve affrontare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi», dice l’eurocommissario. «Padoa-Schioppa ed io sappiamo benissimo che cosa fare», ribatte Prodi con malcelata stizza. E poi cambia argomento, augurandosi che la Banca centrale europea non aumenti ancora i tassi d’interesse.

Anche se Prodi tenta di svicolare, la Commissione di Bruxelles è molto attenta al dibattito che si sta svolgendo nel Paese su «pensioni sì, pensioni no». La lettura meticolosa dei giornali italiani sta fornendo un quadro tutt’altro che rassicurante sulle intenzioni del governo e sulla determinazione della maggioranza a procedere nella riforma della previdenza. L’Italia è ancora sotto procedura per deficit eccessivo. E Almunia non dimentica che, proprio nel corso di un incontro a Bruxelles, Padoa-Schioppa s’è venduto come un gran successo il memorandum governo-sindacati sulle pensioni.

«Abbiamo discusso con le autorità italiane sia della correzione del disavanzo, sia della situazione nel medio-lungo periodo - spiega il commissario agli Affari economici nel corso di una conferenza stampa - e, per la verità, una delle principali sfide delle prossime settimane, dei prossimi mesi, è come affrontare la riforma del sistema previdenziale». Almunia ricorda che «c’è un impegno a negoziare la riforma delle pensioni con le parti sociali, e sono sicuro che il governo italiano rispetterà questo impegno. Il presidente Prodi e il ministro dell’Economia Padoa-Schioppa - aggiunge l’eurocommissario - sanno perfettamente che possono contare su tutto il nostro sostegno su questo proposito necessario ma difficile, su cui è necessario andare avanti». Il problema è un altro: quel che manca a Prodi e «Tps» non è certo il sostegno comunitario, ma quello gioranza di centrosinistra.

Il memorandum firmato da governo e sindacati - in realtà un tentativo maldestro di mascherare il mancato inserimento di risparmi di spesa previdenziale nella legge finanziaria - prevede che la «manutenzione straordinaria» della riforma Dini si discuta a partire da gennaio, per concludersi entro marzo. Un impegno che oggi, alla luce del conclave casertano, appare irrealizzabile. Di tavoli e di apertura del negoziato non si parla neppure. Molti pronosticano un lungo rinvio, almeno a dopo le elezioni amministrative.

Ma Almunia, che a dispetto dell’aria bonaria da ex sindacalista spagnolo è un pitbull, non può dimenticare che lo «scalone» approvato nella passata legislatura comporta risparmi, a regime, per 9 miliardi di euro nella spesa previdenziale. Se il governo Prodi vuole abolire lo «scalone» deve dunque indicare altri risparmi compensativi. E qui casca l’asino. «Prodi, per essere eletto, ha promesso agli italiani che andranno in pensione a 57 anni - commenta Giulio Tremonti - ma in questo modo ha firmato un patto col diavolo. Infatti, o ci riesce e scassa il sistema delle pensioni; oppure non ci riesce, e allora sarà inseguito da un milione e mezzo di suoi elettori. Non so che cosa Prodi preferisca. Noi invece - aggiunge l’ex ministro dell’Economia - la nostra riforma delle pensioni l’abbiamo già fatta».

Si racconta che Padoa-Schioppa, all’indomani del conclave di governo a Caserta, abbia avvertito il premier che sulle pensioni il governo avrebbe «rischiato la faccia» con l’Europa. Cosa che si sta puntualmente verificando. La Commissione sta per ora alla finestra, ma non rinuncia a ricordare al governo italiano gli impegni presi. Il passo successivo potrebbe essere un richiamo meno amichevole di quello pronunciato ieri da Almunia a Lubiana.

Irpef 2007, labirinto di detrazioni Commercialista Olbia

Commercialista Olbia L’Irpef non è solo una voce che raccoglie ogni anno circa 120 miliardi. Dunque, uno dei principali cardini di finanziamento dello Stato. Poiché sono interessati oltre 40,5 milioni di contribuenti, inevitabilmente l’imposta sul reddito delle persone fisiche è considerata anche uno strumento di riequilibrio sociale.
È forse per questo che, nel giro di cinque anni, il sistema di determinazione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è stato modificato tre volte, con la revisione di aliquote e scaglioni e con la ricerca di strumenti per dare conto della progressività dettata dalla Costituzione. È la (giusta) ambizione della politica, quella di disegnare un’imposta equa. Rischiando anche di far passare in secondo piano l’esigenza della semplificazione.
La nuova Irpef delineata nella Finanziaria 2007 (per i redditi percepiti dal 1° gennaio di quest’anno) non solo agisce sulle aliquote (che diventano cinque) e sugli scaglioni, ma ritorna alle detrazioni come strumento per modellare il prelievo con particolare riferimento alle condizioni del nucleo familiare. E dunque, dalla dichiarazione del prossimo anno si archiviano le deduzioni sulla no tax area e quelle per la family area.
Anche se si è fatto tesoro del meccanismo di calcolo: lo sconto, fino al 2006 sull’imponibile, da quest’anno sull’imposta, si assottiglia man mano che si innalza il reddito.
Il passaggio dal sistema delle deduzioni a quello delle detrazioni ha l’effetto di rendere più lineare l’evoluzione del prelievo Irpef, limitando i casi in cui — per il passaggio di scaglione — redditi non troppo distanti sono colpiti da un prelievo molto differente.
Tuttavia, alla continuità della curva si arriva grazie a un dosaggio su misura degli sconti, calcolati con coefficienti e rapporti. E le operazioni in successioni scandite da parentesi quadre e tonde, da sole, non sarebbero bastate a determinare, per nuclei familiari con redditi medio bassi, anche solo un piccolo risparmio d’imposta. Da qui la necessità di ulteriori correttivi "secchi" da 10 a 40 euro in base agli scaglioni di reddito, a supporto dei carichi di famiglia e delle spese per la produzione del reddito. Ne deriva un labirinto di formule e di piccoli sconti, che rischiano di mandare in tilt i conteggi.
La rivoluzione dell’Irpef, comunque, come dimostrano anche le tabelle pubblicate a pagina VII di questo inserto, genera — per i redditi medio-bassi — un risparmio d’imposta anche se in limitato. Per molti la prima verifica sarà la busta paga di gennaio.
Tuttavia, il rapporto di dare e avere tra contribuenti e Fisco non si esaurisce con l’Irpef: se gli assegni al nucleo familiare promettono di essere più consistenti, il conto delle addizionali rischia di impennarsi qualora Regioni e Comuni non riuscissero tener a freno il deficit.
La partita — qualunque sia il risultato — si preannuncia complicata: nelle pagine seguenti illustriamo i meccanismi e di condurre il lettore attraverso le caselle che vanno dal reddito complessivo al prelievo fino al reddito disponibile. Per far sì che il percorso possa essere compiuto senza incorrere in penalità.