venerdì, febbraio 16, 2007

Draghi contro Visco Commercialista Olbia

Commercialista Olbia “…E so’ contento”, diceva il pugile suonato sul ring e interpretato da un indimenticabile Vittorio Gassman nel film “I mostri”. Metafora di questa sinistra che assorbe, con parole compiacenti, i micidiali “uppercut” assestati dal governatore Draghi: sulle pensioni, sulla crescita del Paese, sul modello di aggregazione bancaria targato Bazoli, sulla spesa pubblica e, dulcis in fundo, sull’imposizione fiscale.
Così assistiamo alla strabiliante affermazione di Vincenzo Visco, che dichiara: “Il governatore ha ragione. Di troppe tasse si può anche morire”. E’ il medico che pratica l’iniezione letale al paziente e poi dice che è per il suo bene. L’esternazione di Visco, affidata all’amica Repubblica, è tutta un peana di Draghi e ha del surreale, alla luce delle parole del governatore.
Draghi è stato chiaro: “Il livello di tassazione attuale è troppo elevato e penalizza gli onesti, la gente che lavora e fa il proprio dovere”. Parole che non lasciano dubbi. Visco si guarda bene dall’affrontare il nodo della crescita, affrontato perentoriamente da Draghi: per ora è “per lo più indotta dal buon andamento delle economie europee”; occorre che ad essa “si sostituisca una crescita interna”.
La stangata fiscale della Finanziaria, della quale si avvertiranno appieno le conseguenze con l’applicazione delle addizionali regionali e comunali, è destinata a deprimere i consumi interni. Visco, bontà sua, ci informa che “di altre tasse non se ne parla”. Nello stesso tempo concorda con Padoa Schioppa sul fatto che non potranno essere diminuite prima di due anni. E’ evidente che, prima del 2009, il Paese non sarà in grado di camminare sulle proprie gambe e che rischia di perdersi proprio quella ripresa che gonfia le ali delle altre economie europee.
Ma no, il governo non avverte questo rischio. Dà ragione a Draghi, che pure sancisce il sostanziale fallimento di una politica di “risanamento” tutta concentrata sulle entrate e per nulla interessata allo sviluppo del Paese.
Montezemolo, e non solo lui, raccoglie le preoccupazioni del governatore: restituire le tasse a chi lavora onestamente, a cominciare da chi lavora nelle fabbriche; alleggerire il peso, sulle imprese, di una pressione fiscale diretta e indiretta che non ha eguali in Europa. Avrebbe potuto pensarci prima, sostenendo quella politica fiscale del centrodestra che ha portato nelle casse dello Stato la bellezza di 37 miliardi di euro in più.
Una cifra definita “inaudita” da Draghi e della quale Visco, ancora una volta, si fa bello attribuendola in buona parte al recupero dell’evasione fiscale. Si potrebbe e dovrebbe cominciare a restituire le tasse fin dal prossimo anno. Ma, come ci fa sapere Visco, “la spesa corrente continua a crescere a ritmi superiori al 2,5% l’anno. Il nodo da sciogliere è tutto qui”. Ma al Governo c’è lui, che della spesa pubblica ha in mano le redini. Abbiamo già capito dove finirà questo “inaudito aumento di gettito”, ma soprattutto dove non finirà: nelle tasche dei contribuenti.
Draghi a favore di Tremonti
Sulle pensioni serve uno sforzo straordinario e collettivo: sul modello di quello che venne adottato nei primi anni Ottanta per combattere gli automatismi della scala mobile che alimentavano l’inflazione; o sul tipo di quello del ’92-‘93 sulla concertazione per contenere il costo del lavoro. Mario Draghi è sempre più vicino al profilo di governatore della Banca d’Italia impostato da Guido Carli.
E non è un caso che invii proprio dal Forex il suo messaggio shock per maggioranza e parti sociali. Prima di Carli, il governatore parlava solo una volta all’anno: per le considerazioni finali, il 31 maggio. Carli inaugurò la seconda apparizione pubblica: un segno di omaggio per gli agenti di cambio dell’epoca, visto che lui veniva dalla sala cambi della Banca d’Italia.
E dal Forex, Draghi manda un appello forte: soprattutto alla maggioranza. La necessità di una riforma delle pensioni è talmente urgente che deve essere perseguita anche con soluzioni che potrebbero essere dilanianti per il sindacato. Come appunto lo fu l’accordo di San Valentino del 1983, che stabilì la fine dell’automatismo della scala mobile; e mise fine alla rincorsa prezzi-salari. A quell’accordo seguì un referendum promosso dal Pci e contrastato da Cisl, Uil e dalla componente socialista della Cgil (della quale faceva parte Guglielmo Epifani, attuale segretario Cgil).
L’invito di Draghi al governo è di non fare passi indietro rispetto alla riforma Tremonti-Maroni; che, al contrario, deve essere implementata con le norme di attuazione. Quella dei fondi pensione, della previdenza integrativa, è stata attuata. Resta il graduale innalzamento dell’età pensionabile.
Quindi, per il governatore lo scalone deve restare; e non edulcorato come vorrebbe l’attuale governo, che ha scritto anche nel programma dell’Ulivo la volontà di cancellare le riforme strutturali della Casa delle Libertà.
Draghi invita governo, maggioranza, parti sociali a fare uno “sforzo collettivo”. Ad avere lo stesso coraggio sui quali li sprona l’opposizione. Per queste ragioni – come diceva sabato a Torino un banchiere - “Da queste parti si parla più di politica che a Montecitorio”. E non solo perché al Forex era tangibile lo strapotere di Giovanni Bazoli, banchiere e sodale di Romano Prodi. Ma era anche tangibile come gli altri banchieri tentassero di ridimensionare e tamponare il progetto di potere politico che il tandem Bazoli-Prodi hanno in mente. Frenare Bazoli vuol dire frenare Prodi.
E mai come ora il motto “i nemici dei miei nemici sono i miei amici”.

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