lunedì, settembre 11, 2006

Iva auto: verso il rimborso Commercialista Olbia


Commercialista Olbia
Con la presente si segnala l'opportunità di presentare un'istanza per il rimborso dell'Iva corrisposta in occasione dell'acquisto dell'autovettura e del sostenimento delle spese di gestione della stessa.


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Come a Voi noto, dall'anno 2001, l'Iva corrisposta in occasione dell'acquisto dell'autovettura è detraibile solo nella misura del 10% (il 90% rimane indetraibile), mentre è completamente indetraibile l'Iva assolta in occasione del sostenimento delle spese di gestione dell'auto (carburante, manutenzioni, riparazioni ecc.).
Tale indetraibilità non dipende dall'esistenza di una norma a regime ma, bensì, da una proroga che di anno in anno viene rinnovata con la Legge finanziaria da ben venticinque anni (la prima limitazione alla detraibilità è stata infatti introdotta nel 1979).

L'esigenza di una proroga annuale deriva dal fatto che la VI Direttiva CEE, entrata in vigore nel 1978, non consente l'introduzione di nuove limitazione alla detraibilità dell'Iva, fatta eccezione per limitazioni temporanee motivate da esigenze congiunturali.
Ciò premesso appare evidente che la motivazione addotta dal legislatore nazionale per limitare la detraibilità dell'Iva relativa alle autovetture appare poco credibile; è mai possibile che esistano ragioni congiunturali che si protraggono per venticinque anni??? Crediamo di no!

Sulla base di tali presupposti oltre mille imprese hanno già presentato istanza di rimborso e la CTP di Trento ha già disposto la sospensione del procedimento rinviando con ordinanza alla Corte di Giustizia UE l'interpretazione di alcune questioni pregiudiziali relative, per l'appunto, alla compatibilità della normativa italiana con quanto stabilito dalla VI Direttiva CEE.
Si sottolinea che, ovviamente, l'esito dell'istanza di rimborso dipenderà dal pronunciamento della Corte di Giustizia UE in merito a tale questione; ciò potrebbe far nascere spontanea una domanda: per quale motivo non attendere il pronunciamento della Corte di Giustizia?!
Le ragioni della necessità di presentare l'istanza quanto prima sono due.

La prima consta nel fatto che la disciplina italiana consente di chiedere a rimborso l'Iva corrisposta fino a due anni precedenti alla data dell'istanza (qualora ne valesse la pena si potrebbe tentare di chiedere il rimborso dell'Iva corrisposta fino a quattro anni prima, attraverso un'interpretazione della norma "molto estensiva"). Ciò comporta che l'attesa della pronuncia della Corte UE potrebbe far scadere il termine dei due anni dal versamento, con conseguenti impossibilità di chiedere successivamente il rimborso.

Il secondo motivo è rappresentato dal fatto che l'eventuale pronuncia favorevole al rimborso della Corte UE potrebbe essere limitata a coloro che hanno già presentato istanza di rimborso e, in caso di rifiuto espresso o tacito del competente Ufficio, abbiano istaurato il conseguente contenzioso tributario.

La procedura di recupero

La procedura di rimborso è molto semplice e poco onerosa. Essa può essere esposta sinteticamente nei seguenti punti:

1. invio tramite raccomandata a.r. o consegna diretta all'Agenzia delle Entrate di una istanza di rimborso;

2. l'Agenzia delle Entrate può negare il rimborso rispondendo direttamente ovvero può negare il rimborso non rispondendo.
Nel primo caso si hanno 60 giorni di tempo dal ricevimento del diniego diretto per citare in giudizio l'Agenzia delle Entrate, chiedendo al giudice tributario di disporre il rimborso.
Nel secondo caso, trascorsi 90 giorni dal ricevimento della raccomandata da parte dell'Agenzia delle Entrate o dalla consegna dell'istanza di rimborso, è consentito citare in giudizio l'Agenzia delle Entrate con le stesse modalità del primo caso.

3. Nel ricorso dinanzi alla competente Commissione Tributaria Provinciale, contro il rifiuto espresso o tacito (che si forma decorsi novanta giorni) avverso l'istanza di rimborso, si proporrà una questione pregiudiziale di competenza della Corte di Giustizia CE. Nel caso, altamente probabile, di sentenza favorevole della Corte di Giustizia CE, le Commissioni Tributarie adite dovranno riconoscere il diritto al rimborso e disporne l'effettuazione. In caso di mancata esecuzione, da parte dell'Agenzia delle Entrate, del rimborso disposto dalla Commissione Tributaria, occorrerà procedere al giudizio di ottemperanza dinanzi alle Commissioni Tributarie e/o al giudizio di esecuzione dinanzi al giudice ordinario.

2 commenti:

Finanzas Forex ha detto...

Auto, detrazioni Iva da modificare

La normativa italiana in materia di detrazione dell'Iva sulle autovetture e di rimborso dell'imposta ai soggetti non residenti deve essere modificata perché non conforme alla sesta direttiva. Lo scrive la Commissione europea in un parere motivato indirizzato a Roma, annunciando che, in caso di mancato adeguamento, potrà avviare il procedimento di infrazione contro l'Italia.
È quanto emerge da un comunicato diffuso ieri da Bruxelles. Nel mirino della Commissione anche Germania, Grecia e Irlanda.
Normativa italiana
Il primo addebito che l'esecutivo comunitario muove all'Italia riguarda l'oramai noto problema delle limitazioni del diritto alla detrazione dell'Iva sull'acquisto di autovetture (e altri mezzi di trasporto) e sulle spese correlate, che sono state introdotte nella legislazione italiana dopo il 1° gennaio 1979, data di entrata in vigore della sesta direttiva in Italia. L'introduzione di queste limitazioni è stata giustificata da motivi congiunturali, in base all'articolo 17, par. 7, della sesta direttiva; essendo però state mantenute ininterrottamente fino ad oggi (seppure con le mitigazioni disposte a decorrere dal 2001 e dal 2006), la Commissione ritiene che abbiano assunto carattere strutturale e permanente e che, conseguentemente, sia stata violata la sesta direttiva. La Commissione ha deciso pertanto di inviare all'Italia un parere motivato, chiedendo la modifica della legislazione entro due mesi.
Il comunicato non manca di ricordare che la medesima questione forma oggetto del procedimento pregiudiziale C-228/05 davanti alla Corte di giustizia dell'Ue, nel quale l'avvocato generale ha depositato il 22 giugno scorso le proprie conclusioni, che vanno nella stessa direzione della Commissione. L'iniziativa del governo dell'Ue, pertanto, non fa che girare il coltello sulla piaga rappresentata dal giudizio in corso, nel quale l'Italia ha davvero scarsissime speranze di esito favorevole; sarebbe già un successo importante (e uno scampato pericolo per le casse erariali) se la corte accettasse di limitare nel tempo gli effetti della sentenza.
Il secondo addebito riguarda un aspetto della normativa in tema di rimborso ai soggetti non residenti, come modificata dal decreto legislativo n. 191/2002. Osserva la Commissione che, in base alle disposizioni dell'ottava e della tredicesima direttiva, il soggetto passivo non residente, che non effettui operazioni attive in uno stato membro nel quale non abbia neppure un centro di attività stabile, può chiedere il rimborso diretto dell'Iva sugli acquisti effettuati in detto stato. La normativa italiana, invece, prevede che il soggetto passivo non residente debba avvalersi della procedura del rimborso diretto anche se ha un centro di attività stabile in Italia, allorché i beni e servizi siano stati effettuati direttamente dal soggetto estero e non attraverso il centro di attività stabile.
Ritenendo che legislazione italiana violi l'ambito di applicazione e la finalità delle citate direttive, la Commissione ha deciso, anche in questo caso, di chiedere all'Italia di adeguare la propria legislazione entro due mesi.
È da rilevare che, diversamente dalla prima questione, quella relativa alle modalità di rimborso per i soggetti esteri appare più controversa. L'asserita difformità della disciplina nazionale (peraltro limitata al piano procedurale) non sembra, infatti, così pacifica alla luce delle disposizioni dell'ottava direttiva.
Germania
Bruxelles ha deciso di deferire la Germania alla Corte di giustizia in relazione al trattamento riservato ai servizi forniti dagli esecutori testamentari, suscettibile di dare luogo a doppie imposizioni. Nell'ordinamento tedesco, queste prestazioni si considerano effettuate nel luogo in cui è stabilito il prestatore, mentre secondo l'esecutivo europeo, trattandosi di servizi similari a quelli resi dagli avvocati, la tassazione dovrebbe avvenire nel paese membro del committente, se soggetto passivo dell'Iva.
Grecia
Recentemente la direttiva n. 2001/115/Ce ha armonizzato le procedure di fatturazione, introducendo e disciplinando anche la fattura elettronica. La Grecia, tuttavia, non ha compiutamente recepito le disposizioni della direttiva, in quanto ha mantenuto l'obbligo di tradurre tutte le fatture in greco e di ricalcolare tutti gli importi indicati nelle fatture in euro; inoltre richiede la conservazione cartacea di alcune fatture emesse elettronicamente.
Pertanto la Commissione ha emesso un parere motivato, invitando la Grecia a modificare la propria legislazione entro due mesi.
Irlanda
Sotto accusa è la disciplina riservata agli enti pubblici, che la legislazione irlandese non considera soggetti passivi dell'Iva, mentre secondo la direttiva lo sono in alcuni casi, e comunque quando il loro non assoggettamento determinerebbe distorsioni rilevanti della concorrenza.
Anche l'Irlanda, pertanto, è destinataria dell'invito dell'esecutivo europeo ad adeguarsi entro due mesi. (riproduzione riservata)

Finanzas Forex ha detto...

Oggetto delle attenzioni dell’organismo comunitario la normativa prevista dall’articolo 19-bis 1 del Dpr 633 del 1972

In particolare quella parte che riconosce l’agevolazione sull’acquisto e importazione di autoveicoli e altre spese correlate nei soli casi in cui i predetti beni formano oggetto dell’attività di impresa o sono destinati a essere esclusivamente utilizzati come strumentali alla stessa. L’Italia, secondo la Commissione, ha introdotto una restrizione al diritto di detrarre l’Iva sugli acquisti di beni e servizi relativi ad autoveicoli, di combustibili e lubrificanti.




Lo scorso 25 luglio la Commissione Ue ha avviato i procedimenti di infrazione, oltre che a carico della Germania, della Grecia e dell’Irlanda, anche nei confronti dell’Italia, indirizzando a quest’ultima, ai sensi dell’articolo 226 del Trattato Ce, un parere motivato a causa delle restrizioni su oneri (detrazioni ) e rimborsi Iva attualmente in vigore nella legislazione interna e che risulterebbero in netto contrasto, rispettivamente, con la sesta e l’ottava direttiva.

La normativa oggetto del contendere
Oggetto degli strali della Commissione è la normativa prevista dall’articolo 19-bis 1 del Dpr n.633 del 1972 che riconosce il diritto a detrazione dell’Iva assolta sull’acquisto e sull’importazione di autoveicoli e di altre spese correlate nei soli casi in cui i predetti beni formano oggetto dell’attività di impresa o sono destinati ad essere esclusivamente utilizzati come strumentali alla stessa.

I rilievi mossi dalla Commissione Ue
In particolare la Commissione Ue ha rilevato che l’Italia ha introdotto dopo il 1° gennaio 1979, data di entrata in vigore della sesta direttiva in Italia, una restrizione al diritto di detrarre l’Iva sugli acquisti di beni e servizi relativi ad autoveicoli e sull’acquisto di combustibili e lubrificanti. Tali restrizioni sono tutt’oggi in vigore atteso che, fatta eccezione per gli operatori economici per i quali l’autoveicolo costituisce oggetto o bene strumentale per l’esercizio della attività d’impresa, la detrazione sui beni siffatti è riconosciuta per gli altri soggetti passivi nei limiti del 15 per cento. La Commissione, ritenendo che l’Italia abbia violato la sesta direttiva, inibendo in maniera pressocchè totale l’esercizio del diritto a detrazione che costituisce uno dei cardini del sistema comune dell’Iva, ha deciso di indirizzare all’Italia un parere motivato chiedendole, altresì, di modificare la sua legislazione entro due mesi dalla ricezione del parere de quo.

La discussione in sede di Corte di Giustizia
La questione inerente la legittimità delle limitazioni al diritto alla detrazione dell’Iva addebitata o assolta per l’acquisto di autoveicoli e di beni correlati è stata di recente oggetto di approfondita discussione dinnanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità europee. Lo scorso 22 giugno l’Avvocato generale Sharpston ha presentato dinnanzi al Supremo consesso giudicante le proprie conclusioni in relazione alla causa C-228/05 in cui si controverte, appunto, della compatibilità della norma italiana con l’articolo 17 della sesta direttiva. Tale articolo, nello stabilire l’esistenza di un generalizzato diritto a detrazione dell’imposta nella misura in cui i beni e servizi acquistati dal soggetto sono utilizzati per il compimento di prestazioni imponibili rientranti nell’oggetto dell’attività, riconosce agli Stati la possibilità di restringere la portata del predetto diritto a condizione che venga attivata la procedura di consultazione del "Comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto" di cui all’articolo 29 della sesta direttiva. Nelle sue conclusioni, l’Avvocato rammenta come, secondo la costante giurisprudenza della Corte, il diritto a detrazione rappresenti parte integrante del meccanismo dell’Iva in quanto concorre a garantirne il carattere di neutralità. Esso, pertanto, non può essere assoggettato a limitazioni se non nei casi in cui le deroghe sono espressamente ammesse e non oltre quei limiti. Il citato articolo 17, n. 7 prevede una di tali deroghe attribuendo agli Stati membri la facoltà di escludere alcuni beni dal regime delle detrazioni, fatta salva la procedura di consultazione del Comitato di cui al richiamato articolo 29.

Le critiche alla normativa italiana dell’Avvocato generale
L’Avvocato rileva come l’Italia abbia aggirato le finalità previste dalle norme citate in quanto, appellandosi al disposto dell’articolo 17, ha introdotto e mantenuto, per oltre 25 anni, una normativa interna che ha pressocchè annullato la spettanza del diritto a detrazione. Le deroghe, autorizzate ai sensi dell’articolo 17, valgono unicamente per misure di carattere congiunturale, necessarie, cioè, per sopperire a momentanee difficoltà di carattere economico. Ma non può essere certo definita tale l’adozione di un regime, come quello sancito dal richiamato articolo 19 bis-1 del Dpr n.633 del 1972, che limita in modo così drastico e per una durata notevole uno dei principali diritti garantiti dalla sesta direttiva. Pertanto, l’Avvocato conclude asserendo che in base all’articolo 17 possono essere adottate misure derogatorie con carattere temporaneo e contingente Tutte le misure eccedenti la durata di circostanze economiche di breve durata non possono essere legittimamente adottate, autorizzate e mantenute ai sensi della predetta disposizione. Da ciò consegue la esplicita dichiarazione di non conformità alla sesta direttiva delle disposizioni attualmente vigenti nella normativa nazionale in materia di detrazione dell’Iva.

In attesa della Corte di Giustizia Ue
La Corte deve ancora pronunziarsi in merito. Risulta certo, però, che gli attuali limiti alla detrazione esistenti in Italia (ma presenti, per quanto riguarda il settore "auto", anche in Francia, in Germania ed in Gran Bretagna sia pure con limitazioni meno restrittive) sono stati valutati in modo severo dalla Commissione che ha avviato la procedura di infrazione descritta in premessa. Se l’Italia non dovesse provvedere a modificare la propria legislazione, in conformità del parere motivato della Commissione, quest’ultima potrebbe decidere di ricorrere alla Corte di giustizia denunziando l’inadempimento dello Stato alle direttive indicate dall’istituzione comunitaria.