giovedì, settembre 07, 2006

Finanziaria in stallo. Come il Governo


Commercialista Olbia
Roma - C’è chi parla di stallo, chi difrattura insanabile nell’Unione. Sulla Finanziaria la versione ufficiale è che al momento non ci sono decisioni definitive. E in parte è la verità, visto che di decisioni non se ne possono prendere se rimane questo stato di conflittualità imperante. Il Governo ufficialmente lavora a una manovra da 30 miliardi e nello stesso documento dovrebbero essere compresi anche primi elementi di una revisione della normativa previdenziale, revisione che non dovrebbe comunque essere esaurita in Finanziaria.
Ma dall’incontro tra capigruppo dell’Unione e Governo non sembra essere uscito niente di positivo, visto che l’ala riformista e quella radicale della compagine del centrosinistra continuano a insistere che 30 miliardi sono troppi. In una intervista a Il Giornale, il presidente dei senatori di Rifondazione comunista Giovanni Russo Spena, ha avvisato Romano Prodi che «il metodo del confronto, anche aspro, ci può portare a trovare le soluzioni condivise», mentre il premier «tende a dare per scontato ciò che non lo è, tanto nei numeri quanto nei famosi “quattro pilastri” indicati dal ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa». Una situazione che Russo Spena rinforza dettando un altro ultimatum: «Vista la situazione di ripresa economica, mi pare che ci si possa permettere di non toccare le pensioni e le tutele sociali».
La situazione all’interno del centrosinistra la fotografa correttamente il segretario dello Sdi Enrico Boselli. «Quello che sta avvenendo all’interno del centrosinistra non è un confronto tra rigoristi e lassisti, ma tra riformisti e conservatori. Nessuno nel centrosinistra può avere come obiettivo quello di ridurre, in termini reali, rispetto al Pil, la spesa sociale», ha ribadito Boselli. «Se si perdono di vista le scelte essenziali da fare, tutta la discussione sulla Finanziaria si riduce a una gara al ribasso sull’entità della manovra, dai 35 miliardi si è passati ai 30 ed ora viene ventilata un’ulteriore riduzione a 27 miliardi». Dispiace, ha sottolineato l’esponente della Rosa nel pugno, «che a innestare questo balletto di cifre sia stato proprio il ministro dell’Economia Padoa Schioppa che avrebbe dovuto essere più cauto e rimandare alla revisione del Dpef e alla presentazione della Finanziaria, l’aggiornamento del quadro di finanza pubblica. Da tutto ciò è derivato - ha concluso Boselli - l’assalto dei conservatori di sinistra per spogliare la Finanziaria dei suoi contenuti più innovativi e significativi».
Che nel Governo non ci sia nessun accordo vicino emerge anche dalla nota diffusa da Salvatore Cannavò, Franco Turigliatto e Gigi Malabarba, parlamentari del Prc: «Le mobilitazioni di lavoratori e lavoratrici non hanno portato alla cacciata di Berlusconi per consentire a Prodi, Damiano e Padoa-Schioppa di proseguire sulla strada delle politiche liberiste che già tanti danni sociali hanno prodotto in Italia e in tutta Europa. Le critiche avanzate dal Prc alla Finanziaria devono essere tenute ferme e costituire la base per respingere con forza un provvedimento che taglia previdenza e stato sociale e non aggredisce né la precarietà del lavoro né le rendite finanziarie».
Sull’entità della manovra è intervenuto anche il segretario di Rifondazione Franco Giordano. Sarebbe realistico ridurne l’entità, ha detto Giordano, «non capisco perché dovremmo essere fermi su quella cifra così alta. Si tratta di colpire alcune aree sociali ma non in maniera vendicativa». La nostra è un’anomalia grave, ha proseguito il rappresentante comunista, «su 2 milioni e 350 mila imprenditori, 300 mila dichiarano un reddito negativo annuo, 2 milioni un reddito da zero a 40 mila euro e solo lo 0,14% propone un reddito al di sopra dei 200 mila euro annui. Non possiamo avere il record dei professionisti più poveri al mondo».
Le pensioni non sono materia da affrontare con la Finanziaria, ha detto il segretario di Rifondazione. «La questione del risanamento economico non può gravare su chi ha già pagato, ovvero precari, pensionati e lavoratori dipendenti bensì su chi ha giovato della politica allegra di condoni fiscali ed edilizi. Se ci sono dati significativi come la ripresa della crescita e l’aumento degli introiti tributari la manovra può essere diversa. E’ utile perciò avviare un confronto; evitare i tagli alla spesa sociale non significa infatti non produrre risparmio».
Commentando i presunti tagli alle pensioni previsti nella Finanziaria, Giordano ha aggiunto che «su 14 milioni di pensioni Inps, 10 sono attorno ai 500 euro mensili e circa 7 milioni intorno ai 300. Su cosa dovremmo risparmiare? Forse bisognerebbe risarcire sulle pensioni future. Ci sono pensioni troppo basse, insostenibili. Fassino ha un alleato sicuro se parla di aumentarle. Mi chiedo però perché si debba contrapporre questa gente che sta in condizioni drammatiche un lavoratore che alla fine di 35 anni di servizio vorrebbe ottenere i propri diritti. Mi chiedo perché non si contrapponga il pensionato a 337 euro al mese a quelli imprenditori che dichiarano redditi da 0 a 40 mila».
Anche dai Comunisti italiani arriva uno stop a Prodi e Padoa-Schioppa. «Di tagli e di riforme pensionistiche da questo Governo dell’Unione sinceramente non vorremmo più sentirne parlare. Non sono cose scritte nel programma con cui l’Unione si è presentata agli elettori e sono operazioni che non possono far parte della volontà politica della coalizione. Le attese di coloro i quali hanno votato l’Unione sono altre e diverse: riallineamento dei salari e delle pensioni al reale costo della vita, meno precarietà e più stabilità occupazionale e migliore assistenza sanitaria e scolastica. Idee di sviluppo e di equità sociale che non parlano di tagli, di compressione della spesa sociale o di disincentivi pensionistici», ha detto Pino Sgobio, capogruppo dei Comunisti italiani alla Camera.
«La questione dei conti pubblici e le possibili ricette sono un fatto delicato e complicato. Quel che è certo è che la legge Finanziaria non può andare contro il popolo, contro i lavoratori, contro coloro che hanno accordato la propria fiducia a un governo di centrosinistra e che nutrono aspettative e coltivano speranze di cambiamento in meglio», ha aggiunto il presidente della delegazione dei Comunisti italiani al Parlamento europeo Marco Rizzo.
E i malumori arrivano anche da chi a Prodi è considerato vicinissimo, come il ministro per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani. Sull’ipotesi di introdurre una tassa fissa sugli affitti, con aliquota al 20%, «non ci sono decisioni ma è un tema sul tappeto» che «non mi dispiace», ha dichiarato il ministro. La chiosa alla situazione govenativa l’ha fatta Alfredo Biondi, presidente del Consiglio nazionale di Forza Italia: «E la chiamano Unione. Questa è l’arciconfraternita degli interessi contrapposti, delle indecisioni endemiche e dei contrasti sanabili solo sull’altare del potere», ha dichiarato.

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