venerdì, novembre 10, 2006

La sinistra prepara un’amnistia Commercialista Olbia


Commercialista Olbia Dopo l'indulto si avvicina l'amnistia: il Csm la invoca e la sinistra prende la palla al balzo per svuotare ulteriormente le carceri. Così ecco il primo passo: un progetto per evitare la galera a chi è condannato a meno di due anni. ROMA. L’ha fatto ancora. Il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, è andato in Parlamento e s’è sfogato di nuovo contro l’indulto: «Chi fa il ministro dell’Interno non può non soffrire. Se non soffre è un “cattivo” ministro. Questo non potete non capirlo». Ormai è chiaro: il provvedimento che ha aperto le porte delle carceri a diverse migliaia di detenuti non piace più al ministro. Troppe le segnalazioni che gli vengono da prefetti e questori. Non c’è solo l’emergenza di Napoli. In tanti centri si nota un’impennata di criminalità. «Ma una sofferenza permanente me la dà, in realtà, un sistema legislativo e processuale a causa del quale ci ritroviamo a spasso, senza rimedio, persone che con difficoltà e rischio sono state sottoposte alla giustizia». E allora Amato pone il problema della certezza della pena.

Occorrono modifiche di legge. «Ma senza arrivare a misure anticostituzionali». Non si tornerà al mandato di cattura obbligatorio, però il governo intende mettere mano alle «maglie larghe della nostra legislazione» perché è inaccettabile che chi dovrebbe stare in carcere «finisce per non esserci e gli imprenditori che hanno avuto il coraggio di denunciare gli autori del pizzo se li ritrovano davanti dopo quattro mesi». Una denuncia cruda, quella di Amato. In polizia, infatti, si respira fin troppa frustrazione per quanto è accaduto. Ma uguale frustrazione si vive in magistratura.

Il Consiglio superiore della magistratura ha presentato ieri il quadro desolante degli uffici giudiziari italiani alle prese con l’impatto di un indulto non accompagnato da amnistia. Ovvero la beffa di tribunali che lavoreranno per i prossimi tre-quattro anni quasi solo esclusivamente a processi senza scopo perché poi le sentenze non verranno mai scontate. Paradossale. Ma inevitabile perché l’escamotage proposto dal ministro Mastella, secondo il Consiglio, è inattuabile. Il ministro della Giustizia chiedeva al Csm di emanare una direttiva che portasse su un binario morto i processi «inutili», congelandoli in attesa che cadessero in prescrizione. Ma il Consiglio non lo farà. «L’esigenza prospettata dalla nota ministeriale può essere stabilmente e correttamente soddisfatta, nel nostro sistema costituzionale solo mediante un appropriato intervento legislativo».

La patata bollente, insomma, torna al governo e al Parlamento. «Prevedere criteri di priorità cozzerebbe contro il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale», sintetizza il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino. La soluzione maestra, insomma, sarebbe un’amnistia. Dopo le pene, si cancellano anche i reati e non se ne parla più. Almeno i tribunali non girerebbero a vuoto. Ma il Csm si guarda bene dal proporre un passo del genere. Dice ancora Mancino: «Non vogliamo passare per quelli che sollecitano l’amnistia. Nessuno di noi la chiede. Nessuno l’invoca. Storicizzando però si nota che in sessanta anni di storia repubblicana, nei 17 provvedimenti clemenziali mai si sono disgiunti amnistia da indulto. A buon intenditore, poche parole».

In Parlamento, però, al solo sentir parlare di amnistia, vengono sollevate mille obiezioni. I partiti non se la sentono di portare avanti una questione così impopolare. La politica ha fatto un mezzo pasticcio, ma non se la sente di rimediare. L’unico che si espone è Antonio Di Pietro, che era contrarissimo all’indulto ma ora chiede una «amnistia selettiva che eviterebbe di celebrare una miriade di processi inutili». E subito s’irrita, al solito, Mastella, che avverte l’invasione di campo: «Vorrei sapere una volta tanto quando terminano i lavori della Salerno-Reggio Calabria».

Che i giudici si arrangino, insomma. L’unica via per non imballare la macchina della giustizia è che i capi degli uffici giudiziari si prendano loro la responsabilità di emettere circolari che stabiliscono corsie «di sorpasso» per i processi da fare e corsie «di rallentamento» per quelli da abbandonare a se stessi. Ci stanno pensando a Torino e a Roma. L’ha fatto a Milano il presidente del tribunale, Grechi. «Dimostra la capacità e volontà di non rassegnarsi a una giurisdizione che produce disservizio», si compiace il Csm.

4 commenti:

Finanzas Forex ha detto...

Violante: 'Non c'era il clima giusto
per approvare un'amnistia'
'C'è bisogno dei due terzi dei voti di Camera e Senato - spiega - e amnistia e indulto insieme sono sembrati eccessivi. Bisogna concentrare le risorse nelle grandi città'


Roma, 10 novembre 2006 - Per approvare un provvedimento di amnistia "non c'erano e non ci sono le condizioni politiche necessarie e non c'è neanche il clima giusto". Lo ha detto Luciano Violante (nella foto), presidente della commissione affari costituzionali alla Camera, ai microfoni di Radio Città Futura.

"C'è bisogno dei 2/3 dei voti di Camera e Senato - ha proseguito - per arrivare a un provvedimento del genere. Io sono stato molto critico con l'indulto. Amnistia e indulto insieme sono sembrati eccessivi. E' necessario fare un altro tipo di operazione ovvero concentrare le risorse economiche, scarse per la situazione di disastro in cui i nostri predecessori di centrodestra hanno lasciato i conti, nelle grandi aree metropolitane come Roma, Milano, Napoli, Palermo dove c'è una grande necessità di sicurezza".

"Capisco la posizione di Mancino e dei componenti del Csm" ma "una sentenza che si chiude con l'indulto non è inutile perché comunque stabilisce prima di tutto la responsabilità civile ovvero il risarcimento dei danni alla vittima del reato, e poi stabilisce le pene accessorie ovvero l'interdizione ai pubblici uffici, terzo, l'indulto deve essere revocato se la persona commette un reato entro un certo periodo di tempo".

Finanzas Forex ha detto...

Il Csm: 'Otto processi su dieci
destinati a finire nel nulla
perché la pena è già condonata'
Rispondendo a una richiesta del ministro Mastella, palazzo dei Marescialli approva un durissimo documento, parlando di percentuali che oscillano tra l'80 e il 92%. I magistrati sottolineano come 'i 17 indulti passati sono sempre stati accompagnati da corrispondenti amnistie'


Roma, 9 novembre 2006 - Il Csm ha approvato il documento in cui lancia l'allarme sul numero "ingente" di processi pendenti, l'80%, che finiranno nel nulla a causa dell'indulto.
Le eventuali pene inflitte saranno infatti "interamente condonate" per effetto del provvedimento di clemenza approvato a fine luglio dal Parlamento. Una situazione di fronte alla quale, però, spiegano i consiglieri di Palazzo dei Marescialli, rispondendo a una richiesta in tal senso avanzata dal ministro della Giustizia, Clemente Mastella, non tocca ai capi degli uffici giudiziari indicare i criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti, dando la precedenza a quelli che non cadono sotto la scure dell'indulto.

E' "ragionevole" prevedere, avverte il Csm nel documento, che circa l'80% dei procedimenti pendenti per reati commessi entro il 2 maggio 2006 si concluderà, in caso di condanna, con "l'applicazione di una pena interamente condonata". Una percentuale che oscilla "tra l'80% e il 92%" del totale delle condanne entro i tre anni inflitte nel 2005.

Numeri "ingenti", di fronte ai quali i capi degli uffici giudiziari "possono e devono" adottare "scelte organizzative razionali", ma non "selezionare" la trattazione dei procedimenti che non cadono sotto la scure dell'indulto. Per far ciò, occorre "un appropriato intervento legislativo".
In questi termini, quindi, il Csm, risponde al ministro della Giustizia Clemente Mastella, che subito dopo l'estate aveva chiesto all'organo di autogoverno delle toghe di verificare se fosse possibile indicare ai responsabili degli uffici giudiziari "criteri di priorità per la trattazione dei processi", dando la precedenza a quelli che non ricadono sotto l'indulto.

"I dirigenti degli uffici - è scritto nel documento - possono e devono adottare iniziative e provvedimenti idonei a razionalizzare la trattazione degli affari e l'impiego, a tal fine, delle scarse risorse disponibili". Scelte per assicurare "predeterminazione, uniformità, trasparenza", in modo da "non rassegnarsi ad una giurisdizione che produce disservizio".
"Ma tali iniziative - sostengono i consiglieri di Palazzo dei Marescialli - sono strutturalmente inidonee a dare risposte risolutive e uniformi all'esigenza di selezionare i procedimenti pendenti al fine di garantire comunque la trattazione 'il cui esito possa concretamente rispondere al principio di effettività'".

Nessuna esplicita richiesta di amnistia, ma nel documento viene ricordato che "i 17 indulti concessi nel periodo repubblicano , prima di quello in esame, sono stati tutti accompagnati da corrispondenti amnistie". "Solo in occasione del recente indulto non c'è stata una parallela previsione di amnistia", osservano ancora i consiglieri.
E chiosano: "Quando la giustizia è lenta e gli uffici hanno arretrati rilevanti, la trattazione di tutti i processi per reati interamente condonati finisce, di fatto, per allontanare la definizione di quelli nei quali la pena (eventualmente) inflitta è destinata ad essere scontata, con grave danno per la collettività e per le parti offese".

Finanzas Forex ha detto...

Giustizia al collasso se non passa l’amnistia Giuliano Amato e Clemente Mastella stanno prendendo in giro gli italiani. Con le parole. Per paura di perdere altro consenso elettorale dopo l’incidente Molise. Così adesso è una gara a professarsi “pentiti” di avere varato l’indulto e “spergiuri” che l’amnistia non ci sarà. Peccato che questi slogan non vogliano dire nulla. Se non una confessione di incredibile ignoranza (simulata) tecnico-giuridico-lessicale. Non varare un’amnistia dopo avere invece promosso un indulto e averlo votato, non significa affatto dimostrare agli italiani “quanto siamo duri in materia di sicurezza noi del centrosinistra”. E neanche: “abbiamo votato l’indulto perché le carceri erano piene e ancora ci dispiace ma di un altro provvedimento di clemenza neanche a parlarne”. Arroccarsi dietro la parola “amnistia” confondendo il significato e il significante vuol dire solo “un’ulteriore dose di malafede e di demagogia per salvare il salvabile”. Infatti, l’amnistia la chiedono i giudici, non solo gli imputati, e anche i giuristi che sanno che altrimenti la giustizia sarà paralizzata. Gli stessi che sconsigliavano l’indulto e chiedevano più mezzi per agire penalmente, oggi chiedono che non si celebrino inutilmente un buon 80 per cento di cause che, comunque, finiranno con l’applicazione dell’indulto. Noi giornalisti ad esempio, abbiamo una marea di inutile arretrato in materia di diffamazione a mezzo stampa che rischia di andare alle calende greche. Cause che si trascinano dal penale al civile e ritorno.

Basterebbe varare questa amnistia e si leverebbe un buon 50 per cento di pendenze pregresse in pochi mesi in tutti i tribunali e le procure italiane. Vale la pena allora confondere le acque e fare come Amato e Mastella che adesso piangono lacrime di coccodrillo, e prevedibilmente ostacoleranno un provvedimento che ieri lo stesso Csm ha chiesto con un documento unitario che ricalca quello emesso un mese fa dalla corrente Unicost del sindacato unitario Anm, a sua volta interfaccia di fatto del cosiddetto partito dei giudici. Che in Italia è l’unico che riesce a fare cambiare una norma fiscale in finanziaria che riguarda la casta in un tempo netto di 50 secondi. E che dice questo documento votato ieri pomeriggio a palazzo dei Marescialli? Ad esempio che “…i 17 indulti concessi nel periodo repubblicano prima di quello in esame, sono stati tutti accompagnati da corrispondenti amnistie. Per sedici volte i provvedimenti sono stati contestuali, in un caso invece l'indulto è stato concesso otto mesi dopo l'amnistia”. Ma anche che “quando la giustizia penale è lenta e gli uffici hanno arretrati rilevanti, la trattazione di tutti i processi per reati interamente condonati finisce, di fatto, per allontanare - anche in modo significativo - la definizione di quelli nei quali la pena (eventualmente) inflitta, è destinata a essere effettivamente scontata con grave danno per la collettività e, segnatamente, per le parti offese: sta qui la ragione della contestuale concessione dell'amnistia, che consente di limitare la trattazione dei processi per reati interamente coperti da indulto ai soli casi in cui permane un significativo interesse sociale”.

Peraltro, ieri, parole analoghe venivano messe nere su bianco su “La Stampa” da un giurista di area progressista come l’ex vicepresidente del Csm, il professor Carlo Federico Grosso. Peraltro, la magistratura quando denuncia i sintomi della malagiustizia, tende all’auto-assoluzione rispetto alle cause della patologia. Infatti, il su citato documento di Unicost che diceva in pillole? Che “l'indulto in assenza di un'amnistia contestuale non cancella i processi per i reati coperti dal provvedimento stesso, che dovranno essere celebrati ugualmente e, spesso, inutilmente, dato che il provvedimento di indulto determinerà di fatto in molti casi l'inutilità della sanzione penale applicata”. E con queste premesse la segreteria nazionale di Unità per la Costituzione (Unicost), chiedeva di avviare una riflessione sull'opportunità di un'amnistia. E la metteva così per giustificare a propria volta questa richiesta con la faccia di chi dice “non lo fo per piacer mio ma per dare figli a Dio”: “il recente provvedimento legislativo sull'indulto ha creato non poche ricadute sugli uffici giudiziari penali. Il testo normativo, emesso in periodo estivo, ha comportato la necessaria emanazione di migliaia di provvedimenti di scarcerazione e di liberazione dagli obblighi di soggetti sottoposti a restrizione della libertà personale.

La magistratura, pur tra mille difficoltà causate dall'immediata entrata in vigore del provvedimento e dalla sua estensione, ha fronteggiato al meglio l'emergenza creatasi da un giorno all'altro”. Ecco in quell’espressione ipocrita “pur tra mille difficoltà” è già contenuta una presa di distanza da un provvedimento che in realtà la stessa magistratura aveva sollecitato constatando che le carceri erano ormai piene di poveri Cristi, senza spazio per metterci i boss più importanti. E bisogna anche dire che se poi l’indulto è stato fatto digerire al centrodestra, il problema posto dai giudici, ha contato molto di più che la pietà verso i cittadini detenuti. Di cui non è mai importato un cazzo di niente a nessuno. Oggi si replica il gioco delle parti con il problema dell’amnistia: tutti la chiedono, nessuno vuole portare la responsabilità di esserne il padre. Come alcuni giorni fa sottolineava una delle poche persone serie del pianeta giudiziario in Italia, l’ex segretario delle Camere penali italiane l’avvocato Valerio Spigarelli.

Finanzas Forex ha detto...

Verso una mini-amnistia per chi froda il fisco Le persone che hanno frodato il fisco e che si auto denunciano dovrebbero sfuggire alla multa. È quanto prevede il disegno di legge presentato dal governo svizzero e trasmesso al parlamento.

I principali partiti hanno accolto favorevolmente il progetto. La sinistra esprime ad ogni modo qualche riserva.


Al fine di recuperare una parte del montante sottratto al fisco, il Consiglio federale si dice disposto ad «aprire una via meno onerosa verso la legalità».

Nella seduta di mercoledì ha stabilito che in caso di denuncia spontanea (autodenuncia), il contribuente che ha commesso una sottrazione d'imposte non dovrà pagare una multa, ma soltanto gli interessi di mora per un periodo massimo di dieci anni.

La procedura - che vuole incoraggiare i cittadini a dichiarare la sostanza sottratta alle autorità fiscali - segue in grandi linee il modello presentato dal ministro delle finanze, Hans-Rudolf Merz, nell'ottobre 2004.

Nonostante la pressione di alcuni parlamentari borghesi in favore di un'amnistia generale, il governo ha quindi mantenuto in sostanza il