venerdì, novembre 10, 2006

Il Fisco punta ai profitti virtuali Commercialista Olbia

Commercialista Olbia Estendere il principio della «maturazione»anche ai depositi in «amministrato» o in «dichiarativo » e ai fondi esteri.

Pur prospettando numerose opzioni alternative, sembra questa la strada suggerita dalla Commissione di studio sulla tassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria.
Nella relazione finale,la Commissione presieduta da Cecilia Guerra dedica ampio spazioalla ricerca di una soluzione idonea a equiparare itre regimi di tassazione del risparmio attualmente vigenti (dichiarativo, amministrato, gestito). Appare evidente che il favore della Commissione è verso la scelta di estendere il principio della «maturazione »,mentre il problema della difficoltà di individuare il valore corrente degli strumenti finanziari non quotati viene risolto prevedendo che — a fine periodo — essi siano valutati al costo. L'applicazione del maturato avrebbe come corollario la possibilità di compensare i redditi di capitale con le minusvalenze, sia realizzate,sia maturate.Inoltre, la tassazione dei fondi non avverrebbe più a monte, ma presso il sottoscrittore, con il vantaggio di consentire a quest'ultimo di compensare le plusvalenze e minusvalenze con i risultati di segno opposto conseguiti sul dossier titoli.
Efficienza ed equità
Per verificare se è vero che il principio della maturazione risponde ai criteri di efficienza e equità (principali obiettivi che la Commissione si pone),occorre partire da un esempio semplificato: un risparmiatore acquista un titolo quotato a 100; a fine anno lo ha ancora in portafoglio e —siccome vale 120 —paga imposte sulla plusvalenza ( maturata, ma non percepita) di 20, con un esborso di 4 (essendo l'aliquota unica, proposta dalla Commissione, al 20%); alla fine dell'anno successivo, il titolo nuovamente è sceso a 100; il risparmiatore — che lo ha in portafoglio — memorizza una minusvalenza di 20 che potrà compensare con future plusvalenze o redditi di capitale se e quando ci saranno. In pratica il contribuente, pur non avendo conseguito alcun reddito, viene obbligato a concedere allo Stato un prestito forzoso, non fruttifero e a tempo indeterminato.Il contribuente che si trovi nella situazione esattamente inversa (abbia cioè una minusvalenza maturata di 20 nel primo anno e una ripresa di valore maturata di 20 nel secondo anno) a parità di reddito (nullo) non è, invece, soggetto a questo prestito forzoso. E se è vero che il principio del maturato esiste dal 1998, va anche ricordato che: per le gestioni individuali, il regime è,attualmente, opzionale; per i fondi comuni italiani, è invece applicato dal fondo e pertanto l'investitore non ha la percezione del meccanismo. Inoltre, è sulla base della semplice constatazione sopra esposta (la tassazione di profitti puramente virtuali) che il Tar del Lazio (ordinanza 3 agosto 2001, n. 4971) aveva sospeso l'applicazione dell'equalizzatore, e il Governo dell'epoca rinunciato alla sua applicazione. Ora si vorrebbe, in sostanza, generalizzare gli effetti del meccanismo allora prodotto dall'equalizzatore. E al di là delle implicazioni psicologiche, devono essere fatte altre considerazioni sul piano dell'efficienza e della equità.
Il rapporto con l'Ires
La prima considerazione è la non coerenza con il regime del reddito d'impresa. Questo è, per eccellenza, quello tassato per competenza. Ebbene, neppure nel reddito d'impresa è previsto che le plusvalenze maturate concorrano a formare il reddito senza essere realizzate.
Infatti, le plusvalenze iscritte sui beni immobilizzati non sono imponibili e per i beni del circolante il criterio base di valorizzazione a fine periodo è quello del minore fra costo e mercato.
I tempi del credito d'imposta
La seconda considerazione è la non coerenza fra il momento della tassazione delle plusvalenze e quello dell'utilizzabilità del credito d'imposta sulle minusvalenze. Nell'esempio fatto in premessa, le imposte sulle plusvalenze vengono pagate immediatamente, mentre il credito d'imposta diverràgodibilein un futuro indeterminato. Un simile meccanismo sfugge al senso comune.Si può ribattere che anche nel reddito d'impresa è previsto che le perdite non diano luogo a creditid'imposta immediatamente spendibili; ma nel reddito d'impresa le plusvalenze non realizzate non vengono tassate. Il reddito tassato in capo alle imprese è quello effettivamente realizzato e — come tale — distribuibile.
In ogni caso, deve darsi per scontato che, ove i regimi fiscali venissero uniformati, la circolazione delle minusvalenze fra un regime e l'altro dovrebbe essere completamente liberalizzata e non soggetta agli attuali vincoli per cui le minusvalenze del dichiarativo sono utilizzabili solo in dichiarativo e quelle dell'amministrato solo in dichiarativo e nell'amministrato.

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