lunedì, settembre 18, 2006

Iva sulle auto, salasso Ue da 10 miliardi Commercialista Olbia


Commercialista Olbia
Il governo italiano non poteva vietare la detraibilità dell'Iva su auto e carburanti usati per l'azienda». È quanto ha deciso la Corte di giustizia europea, che ha confermato l'allarme lanciato nei giorni scorsi.
Per Bruxelles «lo Stato non può escludere strutturalmente le operazioni su dati beni dal regime delle detrazioni stabilito dalla direttiva Ue sull'Iva». Questo significa che oggi i soggetti titolari di partita Iva, aziende e liberi professionisti, che già possono scaricare dalle tasse fino al 15% dell'imposta, potranno dedurre dalle tasse anche le cosiddette «spese di esercizio», come benzina, gomma, olio, manutenzione e riparazioni dell'auto usata per lavoro. Questo significa anche che «chi ha già assolto il pagamento dell'Iva deve poter ricalcolare il suo debito d'imposta».
La decisione della Corte di giustizia Ue si traduce, secondo il Centro studi Promotor, in un minor gettito fiscale annuo per lo Stato pari a oltre 2,5 miliardi di euro. Un impatto che dovrà essere «stabilito dal governo italiano, in base alla legislazione sulla retroattività dei rimborsi», come ha sottolineato la portavoce Ue al Fisco, Maria Assimakopoulou. Lo scorso 25 luglio la Commissione europea aveva già aperto contro l'Italia una procedura di infrazione: «L'opinione della Commissione sulla questione è chiara e ben conosciuta - ha aggiunto la Assimakopoulou - la novità è che nella sentenza non si dà alcuna limitazione di tempo riguardo agli effetti retroattivi».
Il viceministro dell'Economia Vincenzo Visco ha già annunciato «pesanti ripercussioni» sulle tasche degli italiani.

2 commenti:

Finanzas Forex ha detto...

Iva, Corte Ue boccia Italia, si apre buco nei conti

ROMA (Reuters) - La Corte di Giustizia europea ha bocciato oggi il regime italiano di detraibilità dell'Iva per le autovetture aziendali con una sentenza che, secondo il vice ministro dell'Economia Vincenzo Visco, avrà ripercussioni sui conti pubblici di "pesante entità".

La Commissione europea non fornisce dettagli sull'impatto della sentenza per le finanze pubbliche italiane ma il buco complessivo, secondo le elaborazioni del Centro studi Promotor, ammonta nell'immediato a 10 miliardi di euro.

"Le ripercussioni finanziarie della sentenza della Corte di Giustizia europea sulla detraibilità dell'Iva relativa alle autovetture aziendali saranno di pesante entità e non eludibili", spiega in una nota Visco, che ha la delega per le Finanze.

"Sarà dunque inevitabile, perché non si creino scompensi ulteriori nell'equilibrio della finanza pubblica, individuare misure compensative equivalenti", aggiunge il vice ministro.

Visco definisce la decisione della Corte "l'ennesima, pesante eredità lasciata dal governo Berlusconi al centrosinistra".

Nella nota in cui annuncia la sua decisione, la Corte ricorda che l'Italia aveva chiesto di limitare nel tempo gli effetti della sentenza, proprio a causa del "grave danno" potenziale per l'erario. La Corte ha respinto la richiesta.

UN BUCO DA 10 MILIARDI PER I CONTI PUBBLICI ?

Un comunicato del Csp, nel confermare alcune analisi rese pubbliche nei giorni scorsi, spiega che la sentenza "dovrebbe avere efficacia retroattiva immediata dal 2003".

"L'lva dovrebbe diventare detraibile al 50% sia sugli acquisti di autovetture per gli operatori economici per i quali è detraibile al 15%, sia sui beni e servizi necessari per utilizzarle, per i quali l'Iva è totalmente indetraibile", aggiunge la nota.

Csp calcola il minor gettito complessivo annuo a regime a 2,514 miliardi.

"Moltiplicando questa cifra per i 4 anni di retroattività immediata, si ottiene 10,056 miliardi, che è appunto l'entità dell'impatto negativo immediato che la sentenza della Corte di Giustizia europea potrebbe avere sui conti dello Stato", ricorda il Centro studi Promotor.

L'Associazione dei contribuenti italiani annuncia intanto l'avvio di una causa collettiva (la cosiddetta class action) contro l'Agenzia delle Entrate per ottenere i rimborsi Iva.

"La questione riguarda oltre quattro milioni di imprese e due milioni di professionisti, che hanno versato, in 27 anni, maggiori imposte per 67,878 miliardi di euro, in dispregio delle norme comunitarie", dice la nota dell'associazione.

COME NASCE LA VERTENZA

Nel 2004 Stradasfalti ha chiesto il rimborso dell'Iva pagata dal 2000 al 2004 per un totale di 31.340 euro. L'Agenzia delle entrate ha respinto l'istanza e la Commissione tributaria di primo grado di Trento ha chiesto alla Corte di Giustizia un'interpretazione delle norme sulla detrazione dell'Iva.

Il nodo del contendere, spiega la Corte di Giustizia Ue, deriva dal regime italiano di indetraibilità dell'Iva sui veicoli che non sono destinati all'attività propria delle aziende ed al loro rifornimento. Le norme italiane sono incompatibili con la normativa comunitaria, ma Bruxelles ammette deroghe di carattere temporaneo e sulla base di fattori straordinari.

Secondo Stradasfalti il regime di indetraibilità italiano si perpetua illegittimamente da oltre 20 anni e non rientra in alcuna delle deroghe riconosciute da Bruxelles. La Corte ha dato ragione all'azienda ricorrente.

La possibilità di chiedere i rimborsi per le detrazioni Iva potrebbe essere in ogni caso limitata, perché le autovetture interessate dalla sentenza vengono utilizzate anche a titolo personale, quindi per motivi estranei all'attività d'impresa.

Per questa ragione il Dipartimento alle Politiche fiscali del ministero dell'Economia "sta studiando una procedura che consenta ai contribuenti di dichiarare le percentuali di utilizzazione delle autovetture per usi extraziendali".

La precisazione del ministero non convince il Centro studi Promotor. Gian Primo Quagliano, direttore dell'istituto, dice a Reuters che già la stima dei 10 miliardi "tiene conto degli elementi evidenziati dalla nota del ministero".

Finanzas Forex ha detto...

Piano d’azione rapido del Governo dopo la bocciatura da parte della Corte di giustizia europea del regime italiano di indetraibilità dell’Iva sui veicoli aziendali. Il Consiglio dei ministri, in una riunione straordinaria presieduta dal ministro dell'Interno Amato, ha, infatti, varato un decreto legge con «Disposizioni urgenti di adeguamento alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in data 14 settembre 2006, n. 228/05, in materia di Iva» che fissa al 15 dicembre 2006 la scadenza per chiedere i rimborsi. Il Governo, insomma, prende tempo ed evita l’ondata di richieste di compensazione per ottenere immediatamente le somme dovute. Il decreto legge, che entra in vigore già oggi, prevede che entro 45 giorni sia approvato il modello per avanzare la richiesta all’Erario. Con lo stesso provvedimento (si tratta di un decreto del direttore dell'Agenzia delle entrate, saranno indivudati dati e documenti da indicare nell'istanza di rimborso. Il testo del provvedimento precisa che «per evitare ingiustificati arricchimenti i dati hanno a oggetto anche altri tributi rilevanti ai fini della complessiva determinazione delle somme eventualmente spettanti». Il testo, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 2006 n. 258, è entrato in vigore il 15 settembre 2006.

«Il decreto è stato varato - spiega il viceministro dell'Economia Vincenzo Visco - per evitare che si andasse a un disordinato meccanismo di autocompensazione. Si è intervenuti con un decreto di urgenza in relazione a una sentenza arrivata a ridosso di una scadenza tributaria».
Il no dei giudici europei a un regime che da transitorio si è trasformato in permanente (dura da 27 anni) potrebbe causare nelle casse dell’Erario un buco stimato in oltre 10 miliardi di euro. I giudici comunitari non hanno, infatti, accolto la richiesta dello Stato italiano di limitare gli effetti della decisione nel tempo. «Gestiremo l'ennesima pillola avvelenata - dice il viceministro Visco - che il precedente governo ci ha lasciato».
Lo stesso Vincenzo Visco si è messo immediatamente in azione per evitare un buco immediato nelle entrate e per individuare le misure compensative equivalenti per far fronte alle ripercussioni finanziarie «di pesante entità e non eludibili» della sentenza sulle casse affaticate dello Stato. Per ora le soluzioni sono ancora allo studio.

«Siamo bravi, ma non siamo stati in grado in 12 ore di trovare soluzioni». Visco pur non quantificando le cifre, ha detto che si tratterà di un buco per l'Erario di «parecchi miliardi», cifra per la quale «non è uno scherzo» individuare misure compensative. «Faremo i calcoli - spiega Visco - e studieremo soluzioni. Non è che sia terribilmente complicato. Stiamo lavorando».

Il problema, secondo Visco, «si poteva risolvere dal 2001 al 2004» La procedura era stata avviata dal Governo Amato che aveva portato l’indetraibilità dal 100% al 90% con l'accordo di portare la detraibilità al 100% come prevede la sesta direttiva sul'Iva. Invece, dice Visco, «in questi anni non è accaduto nulla. Si può pensare a imperizia, trascuratezza, incompetenza o più semplicemente alla irresponsabilità del governo precedente».
La Corte di Giustizia europea, dopo aver condannato l' Italia sulla detraibilità dell' Iva per le
auto aziendali, dovrà ora emettere la sentenza sull' Irap, che è sotto esame per valutare la sua compatibilità con l' Iva. «Per l' Irap che è stata chiamata in causa per valutare la doppia imposizione rispetto all' Iva - sottolinea il vice ministro Vincenzo Visco - attendiamo fiduciosi la sentenza. C'è stata una autorizzazione dell' Ue e poi, come dimostrano molti studi, non ha nulla a che fare con l' Iva».