martedì, novembre 21, 2006

Tessile-moda, Zegna scrive a Prodi: «La manovra non dà certezze alle imprese»


Commercialista Olbia Paolo Zegna e Michele Tronconi, rispettivamente presidente e vicepresidente vicario di Smi-Ati Federazione di Imprese Tessili e Moda Italiane hanno inviato una lettera aperta al Presidente del Consiglio, Romano Prodi, facendosi «interpreti del forte disagio che aleggia tra gli imprenditori dell’industria Tessile e Abbigliamento Italiana» per quanto si va «profilando in termini di novità normative, con la nuova finanziaria», rischiando di «disincentivare la crescita delle imprese, spingendo all’ulteriore delocalizzazione produttiva».

Nella lettera a Prodi, Zegna e Tronconi, lamentano che nella Finanziaria e, più in generale, nelle azioni del Governo «a fronte di cose date alle imprese, come nel caso del cuneo fiscale, ve ne sono molte altre tolte, o che determineranno nuovi costi. Ciò, in un clima di crescente incertezza del diritto, sia sul fronte fiscale, che civile e penale. Il bilanciamento degli effetti appare negativo, incupendo le aspettative degli imprenditori, con ovvi riflessi negativi sulle decisioni di investimento e sulla creazione di nuovi posti di lavoro».

Le maggiori criticità riguardano: la diversa destinazione del Tfr che determinerà un aumento del fabbisogno finanziario e, a fronte della viscosità verso l’alto degli affidamenti bancari, comporterà un automatico contenimento di tutti i tipi di investimento, con tensioni finanziarie che si scaricheranno sulle imprese con meno di 50 dipendenti, apparentemente escluse dal prelievo forzoso; la deducibilità delle spese per le auto aziendali e i fringe benefits, onde poter restituire l’Iva erroneamente pretesa sull’acquisto delle auto, in forza della sentenza della Corte Europea; l’equazione «flessibilità uguale a precarietà» che sembra «farsi largo tra alcuni ministri», quando le statistiche dimostrano che proprio nell’industria manifatturiera la stragrande maggioranza dei contratti a termine si trasforma a tempo indeterminato; l'intervento di modifica alla normativa sull'apprendistato; le proposte di modifica al Codice Ambientale, che sembrano voler trasformare le imprese più in produttrici di rifiuti, che di beni di consumo, rendendo ancor più alti i costi delle cose fatte in Italia, rispetto a quelle fatte altrove.

«Le nostre imprese – sostengono gli estensori della lettera - hanno bisogno di stabilità e certezza di riferimenti normativi. Si assiste, invece, alla continua rimessa in discussione del diritto, passando dall’epoca dei condoni a quella dell’indulto, fino alla retroattività delle norme fiscali, come sembra profilarsi per il caso degli ammortamenti sugli immobili. Compresi quelli strumentali, che ci riguardano. Per colpire l’evasione fiscale si è semplicemente aumentato il prelievo su chi le imposte già le paga. Per questo, soprattutto al Nord, molti di questi provvedimenti appaiono ingiusti e, come detto all’inizio, controproducenti. Tutto ciò mentre le imprese devono fare i conti con troppe zavorre: dall’alto costo dell’energia, a quello della burocrazia, alle infrastrutture mancanti; ma soprattutto, nel nostro settore, con una struttura del costo del lavoro che presenta contemporaneamente due distorsioni: il più alto costo lordo per l’impresa ed il più basso salario netto per il lavoratore» che rende impossibile competere nel mondo. «Se questo era lo scenario - concludono Zegna e Tronconi - molte delle nuove norme sopra richiamate danno, oggi, il senso di un ulteriore arretramento. E rendere più buie le aspettative degli imprenditori significa rinunciare allo sviluppo del Paese».

Smi-Ati, che è una delle più importanti Federazioni aderenti a Confindustria, opera in nome e per conto di circa 2.000 aziende associate (in cui lavorano oltre 100 mila addetti) ed è rappresentativa di un settore che, con i suoi 525 mila addetti (l’11,9% dell’occupazione manifatturiera) e 62 mila imprese, costituisce una componente fondamentale del tessuto industriale italiano. L’industria tessile-abbigliamento-moda italiana, che nel 2005 ha realizzato un fatturato complessivo di quasi 52 miliardi di euro, è uno dei comparti maggiormente export-oriented del panorama manifatturiero nazionale. Nel 2005, infatti, la quota delle vendite estere sul fatturato complessivo ha superato abbondantemente la soglia del 50%, mentre il 26,5% dell’attivo commerciale complessivo dell’industria italiana è stato realizzato grazie al settore tessile-moda.

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